lunedì 19 luglio 2010

tutti i nomi

Una settimana in Italia, praticamente in tournée: Roma-Vicopisano-Levanto-Milano-Vigevano-Oriago-Azzano X-Venezia e ritorno in 8 giorni. Amici, concerti e famiglia. Poco riposo, molto divertimento, incontri importanti.


Il matrimonio di sabato è stato il primo clou, e lo si prevedeva vista la preparazione sfrenata della settimana precedente. Gli amici di sempre: un viaggio in auto memorabile, risate, scherzi, balli scatenati (si, pure io). "Gloria" urlata come non mai, nostro cavallo di battaglia punk, se lo sapesse Tozzi (Tozzi!!). Gente di un certo livello: il gruppo Amici Estivi che come sempre sbaraglia la concorrenza. La Simo e Gian che girano tra i tavoli e sorridono vedendo i loro volti su quella vela. Promesse di incontrarci presto, in agosto ci saremo quasi tutti stavolta, ma anche dopo: qui a Barcellona, o chissà dove. Lo faremo. Aspettavo la malinconia che mi prende in queste occasioni, stavolta non è arrivata prepotente come altre volte. Buon segno, chissà. Sono tra i miei amici di una vita, felice come un bambino.


A Levanto, poi: il ritorno alle radici che ogni tanto mi ci vuole. Quando la gente mi chiede di dove sono, io non ci penso due volte: sono ligure. Non ci ho vissuto, mai, e probabilmente mai ci vivrò, ma sono di lì, non solo di nascita. Mare e montagna che vanno a braccetto, gente orsa, sole vento e gabbiani. Il pranzo in barca a Vernazza, le bandiere spagnole e catalane, il
sonno pesante sul lettino e il segno del telo impresso sulla faccia.
Che voglia di impiastricciarmi di sabbia come quei bimbi biondissimi e correre in mare. Occhiali nuovi per vedere meglio. La nonna che non si capisce mai se i regali le piacciono o no, ma io penso di si. Mamma e papà, Luca che improvvisamente corre via e mi guarda un po' così, non troppo convinto. Non dà confidenza, Luca: più avanti, magari, oggi non ancora. La Dani fresca sposina, che mi dice guarda com'ero bella. La Lilli e Daniele, e io che non ho mai abbastanza tempo. Avrei dovuto prendere quella scalinata e andare dai nonni, a parlare con loro. Ne avrei di cose da raccontare. Che bella, Levanto.

Milano di passaggio: il caldo innanzi tutto, ma la casa, la mia casetta piena e strabordante di cose in attesa di essere sistemate. Manca spazio, ancora manca tempo, manca la testa per farlo. Il solito giro nei miei posti rassicuranti, il riassunto delle puntate precedenti, dei pezzi mancanti. Ale e Anna al Chiringuito (anche là!), addentando una fetta d'anguria e sotto il ventilatore che spruzza una tregua dall'afa. Compere per casa, ma saldi no: resisto senza fatica.

A Vigevano mi faccio scarrozzare: bell'idea, e bello non poter guidare, una volta tanto. Buon compleanno, papà. Barbe, chitarre e zanzare, tantissime zanzare. Hornby letto tutto d'un fiato in coda per un panino con la salamella. Ancora chitarre e basso e batteria, e un gelato all'uscita. Mi compro un cappello da texano che non metterò mai: passo il cordino intorno al collo, lo appendo lì, e sorrido.

Poi, via verso la Riviera del Brenta. Quanto tempo che non ci
tornavo, troppo. Tornano i ricordi, belli e intensi, dell'anno appena scarso passato là. Gli amici che mi accolgono, il babbo Luigi e quella casa che tante volte mi ospitò in quel primo inverno lontano da casa. Roberta e la sua piccolina dallo sguardo furbissimo. Il pensiero va a Maria, ma lo tengo per me: sono riconoscente, non dimentico. Via di nuovo verso un altro concerto, ma soprattutto a incontrare Stefano dopo 10 anni: compagno di mesi di avventure, risate, balli sui tavoli, lotte ingenue per la casa. Ci vediamo da lontano e già dentro di noi ci stiamo chiedendo perchè diavolo è passato tanto tempo, che sembra successo tutto ieri, anche se in questi 10 anni che sembrano 2 giorni è capitato di tutto. Ci mangiamo un panino con la porchetta, tutti e tre, aspettando il primo Iggy della mia vita. Ci guardiamo e sorridiamo, è bello essere di nuovo tutti lì. Ci raccontiamo cose belle e difficili, stiamo bene. "Dove sei, Stef?", e quel sorriso: mi mancava e non me n'ero reso conto, o forse si.

Il giro veloce a Venezia, uno sguardo fugace a calli e canali che ricordo bene. Il temporale che ritarda e rimanda comunque il mio Redentore ad un'altra occasione. Dico che ci vivrei, a Venezia, un giorno della mia vita. Mestre. Il treno, e con la coda dell'occhio quell'autobus che tante volte mi ci ha portato per il ritorno a casa il venerdì pomeriggio. Non so se sia nostalgia, ma ci va vicino. Un po' di malinconia affiora in casa dei miei cari amici. Guardo i muri bianchi, e mi dico che quel marmorino in salotto era di troppo, non avremmo dovuto farlo: troppo costoso, e poi il bianco è bello, sta bene lo stesso. Chiudo gli occhi, faccio un giro per le stanze di casa ma mi sforzo di capire che quelle pareti non le vedo da 3 anni e mezzo e non le vedrò mai più, e non ha nessun senso che mi tornino alla mente così a tradimento. Perché, fino a quando? Pensieri così continuano ad arrivare, e anche in questo caso il tempo sembra non passare mai. Riapro gli occhi e vedo Checco e Barbara felici, vedo le foto delle loro vacanze degli ultimi anni, ripenso alle nostre. Una piacevole consuetudine casalinga che mi manca. Qualcosa sfugge alla memoria, e non mi piace anche se so che dovrò sforzarmi di ricordare sempre meno. Scaccio i pensieri, mi concentro. E' bello chiacchierare di fronte a un ragù. Il caffè no, grazie, oggi non lo prendo. Ho tanti amici, sono fortunato e mi dico che chissà, magari un po' me lo merito anche.
Devo partire, ho anticipato il volo per non tardare. Alla fine ritardo lo stesso, ma almeno così dall'aeroporto ho due ore in più di vista sulla laguna che tramonta.
Sono contento.

busos

mercoledì 14 luglio 2010

els campions del món

non ho ancora scritto nemmeno una parola sulla vittoria della Spagna ai mondiali di calcio. dato che non vorrei sembrare il solito italiano invidioso e con la puzza sotto il naso, dico brevemente la mia.
la spagna è la squadra migliore del mondo. la più organizzata, quella con più giovani interessanti, quella che fa il gioco migliore e con una costanza incredibile. poi si può dire quello che si vuole: che lo spettacolo in questi mondiali non c'è stato (vero), che gli spagnoli hanno vinto sempre per 1-0 (vero), che hanno avuto un po' di fortuna (vero anche questo). che i tifosi e soprattutto i "giornalisti" hanno una fastidiosissima aria di superiorità, in generale e soprattutto verso noi italiani, come se noi avessimo vinto sempre e solo per culo e col catenaccio e loro, per il solo fatto di avere una media di possesso palla del 65-70%, debbano vincere ogni partita per grazia ricevuta. verissimo anche questo, sono insopportabili e spesso non ammettono con sportività le sconfitte, o anche semplicemente che l'avversario possa vincere con merito usando una tattica diversa dalla loro (vedi la Svizzera, vedi l'Inter contro il Barça in champions).
ma.
ma sono contento per i miei amici e colleghi, sono contento perchè ha vinto un progetto sportivo a 360 gradi (ricordiamo che la spagna è campione d'europa in carica, e che i suoi rappresentanti stanno stravincendo in tutte le discipline sportive, dal tennis al ciclismo, dal basket alle moto, e che moltissimi di questi campioni sono giovanissimi). logico: in spagna è facilissimo praticare sport, e molto più a buon mercato che da noi. non esiste solo il calcio, e anche quando si parla di calcio (cioè SEMPRE) non si confonde lo sport con le moviole e le insostenibili discussioni tv sul nulla, che da noi imperversano ogni santa sera della settimana.
mi sono immedesimato in questa squadra, molto più che nella triste e supponente italietta di Lippi. mi dispiace essermi perso i festeggiamenti che - incredibile! - sono stati concessi persino dal sindaco di Barcellona, che all'ultimo momento ha consentito l'installazione di uno schermo gigante a plaça d'Espanya.
si perchè la mia impressione è che stavolta anche i catalani, almeno la stragrande maggioranza di catalani ragionevoli, si sia appassionata e abbia gioito alle vittorie delle Furie Rosse. e non solo perchè 7 degli 11 titolari erano giocatori del Barça, no.

visca Espanya, visca el fùtbol y visca el pulpo Paul.

Cinque Terre, arrivederci ad agosto

domenica 4 luglio 2010

cose di questi ultimi 15 giorni

é parecchio tempo che non scrivo qui, a dire il vero lo faccio sempre meno. fare il riassunto di quello che ho fatto sarebbe noioso un po' per tutti, quindi invece di raccontare la rava e la fava faccio un breve elenco delle cose più significative successe dall'ultimo post.
in ordine sparso:

- la mia prima frase in catalano, rispondendo a una signora al supermercato
- l'ultimo libro di eddie bunker
- i saldi alla fumetteria "continuarà" di via laietana
- il bacalao a cavallo tra badajoz e campo maior
- i fall (ancora)
- le risate per il nostrano "gente di un certo livello" e la voglia di rivedere quegli amici lì
- la nuova casa di m. ed e. (bella, bella. bravi ragazzi)
- le belle chiacchierate serali con a.
- i mondiali di calcio, e quanto mi é dispiaciuto per quel rigore sbagliato dal ghana
- jiro taniguchi
- un regalo per jubilación comprato con 9 mesi d'anticipo
- s. che si sposa dopo 10 anni
- la patente spagnola in arrivo (spero)
- la terza stagione di "the big bang theory"
- m. che cresce attraverso le foto che mi manda d.
- la mancata voglia di andare al mare (ma, contemporaneamente, il pensiero delle mie cinque terre viste dalla barca di papà)
- l'idea che manca un anno alla scadenza del mio contratto e ancora non so che succederà
- la ricerca non affannosa di un'altra casa in affitto, e i dubbi su dove cercarla

lo so che non ci avete capito quasi niente. ma ragazzi, metteteci un po' d'immaginazione, non è che posso spiegarvi sempre tutto io...

piccoli Villa crescono