lunedì 30 novembre 2009

Sabato 5 dicembre dalle 16 alle 20 al Portal de l'Àngel

"La politica si fa con le mani pulite"
(Sandro Pertini)

apre il primo mercatino di natale

... quello della Sagrada Familia. Visto che fino a ieri c'era una temperatura primaverile, di natalizio c'è ancora ben poco. Ma oggi ha piovuto e almeno sembrava, se non inverno, almeno autunno.
Tra qualche giorno verrà inaugurato anche il mercatino tradizionalmente più importante di Barcellona, la Fira de Santa Llùcia, di fronte alla Cattedrale. Mi ci ero imbattuto anche l'anno scorso, in quei tre giorni in cui ero qui a far finta di cercare casa (questo mi fa pensare che è già quasi un anno che sono qui... ma è un altro discorso), e mi aveva fatto un'impressione piuttosto particolare. Non ero preparato ancora a niente di tutta questa storia, figuriamoci alle stranezze del presepe catalano.
Ne scriverò nei prossimi giorni, ma preparatevi: si parlerà parecchio di merda.

venerdì 27 novembre 2009

carrer Elisabets, Raval

news immobiliari

I proprietari di casa mia vendono l'appartamento.
Mi sembra il giusto coronamento: dopo mesi di parquettisti, tubi che perdevano ecc., da qualche mese regnava una pace irreale al punto che stavo iniziando ad annoiarmi.
Mi ha chiamato qualche giorno fa il tipo dell'agenzia, il mitico BALDO, per informarmi della novità. Al principio me l'ha messa giù come se io dovessi abituarmi all'idea di andare a vivere sotto un ponte con tutte le mie cianfrusaglie Ikea (qui ho tutto Ikea, dalle posate alle lenzuola, e casomai ve lo chiedeste: no, quelle non sono da montare). Ma che non mi preoccupassi, non subito subito: BALDO (uno che, per inquadrare il personaggio, ha comprato un iphone via web su un sito non protetto in Cina pagando con corriere prima di ricevere la merce; che ovviamente non è mai arrivata. Un tipo scaltro, insomma) mi ha detto che non avrebbe trovato facilmente, non entro una settimana, e che comunque avevo un mese o due di preavviso. Come no.
E infatti non era vero, ovviamente il contratto d'affitto mi protegge per 5 anni; ciò significa che l'acquirente comprerà l'appartamento completo del sottoscritto. Certa gente ha tutte le fortune.

BALDO (non so perchè ma mi pare renda meglio scritto maiuscolo) ha proposto anche a me l'acquisto: è un'occasione visto il basso prezzo, un appartamento con vista Camp Nou è un investimento irrinunciabile, posso subentrare nel mutuo dei proprietari a condizioni che mai più nella vita. Come no.
Quindi ora inizierà la trafila di visitatori, che verranno accolti (o meno) a mio insindacabile giudizio con riguardo a orari e giorni. Per la verità in questa selezione ho un alleato inaspettato: sempre lui, sempre BALDO (e sempre maiuscolo), che evidentemente teme di essere trombato come agente e quindi si mette di traverso. Questo weekend per esempio ha già boicottato la visita di certi russi che pare volessero pagare sull'unghia una cifra record. Mafiosi, senz'altro. Naah, niente da fare, dato che c'era di mezzo un'altra agenzia ha fatto sapere alla proprietaria che io non ero disponibile, naturalmente senza nemmeno verificare. "Tu tienes que hacer lo que quieres, es tu derecho", mi dice. Grande personaggio (oggi era contento perchè hanno chiuso il sito cinese dell'iphone: dice che magari stanno indagando. Come no.).

Mi divertirò. Mi ci vedo a mettermi d'accordo prima col mio complice: "Que dices BALDO, ese comprador nos gusta?" "No Andrea, es un capullo, no merece tu interés". E io che lo accolgo con le mutande in testa e cumuli di vestiti da stirare, oltre a rotoli di polvere che viaggiano per casa stile sterpi nei film western (ossia: esattamente come ogni altro giorno).
"Y los de hoy? Mejor?" "Hombre, que noooo". E io che li invito a venire in macchina all'ora della partita e poi non apro perchè si sono presentati un'ora dopo causa maxi-ingorgo.
Ma chissà, magari il cambio di proprietario non sarà malvagio. Certo peggio degli attuali non potrà essere, questi se ne sbattono di tutto. Magari si presenterà una aspirante proprietaria di 25 anni superguapa, e comprerà volentieri casa perchè ci sono dentro io.
Come no.

port vell, ancora



mercoledì 25 novembre 2009

ho deciso

Roddy Doyle batte Nick Hornby tra i miei scrittori preferiti, e da oggi so perchè: Hornby ha fatto grandi cose, da Alta Fedeltà in giù, ma non ha mai scritto "La donna che sbatteva nelle porte".
Mi mancavano 100 pagine, le ho divorate sul volo per Bruxelles uscendone stordito per la loro violenza e la loro bellezza assoluta.
Paula Spencer è un personaggio indimenticabile, e forse già lo sapevo da tempo, visto che la copertina di questo libro (e il suo titolo) mi hanno sempre attirato; per motivi strani, visto che ho sempre adorato Doyle, mi sono deciso a leggerlo solo ora, ed è il più bel libro che mi sia capitato di leggere negli ultimi anni.

Non esistevo.

Inizia subito con un poliziotto che bussa alla porta, il racconto della disgraziata vita di questa donna irlandese di 39 anni, con 4 figli e un marito violento e amatissimo. E le prime 150 pagine pian piano scoprono le carte, giocando sui feedback e l'alternanza di emozioni, delineando il carattere straordinario di Paula e molti tratti tipici dei personaggi di Doyle (e di Hornby a mio parere, ragion per cui spesso e volentieri accomuno i due scrittori): caparbietà, simpatia contagiosa, schiettezza, faccia tosta e una buona dose di sfiga.

Sarò io, tra poco, ma non ancora.

Fino ad arrivare al centinaio di pagine finali, che sono un vero e proprio pugno nello stomaco, un crescendo di drammaticità e di situazioni (insostenibili perchè vere) raccontate confusamente ma coraggiosamente da Paula stessa, come in un vortice di flusso di coscienza che mi ha travolto. La mente di Paula via via si fa consapevole della situazione e allo stesso tempo si autoannulla per resistervi; lo stile narrativo le va dietro, limpido e netto quando può permettersi di farlo, nebuloso, ripetitivo e tagliente quando l'alcool e le botte lo rendono così.

Chiedetemelo chiedetemelo chiedetemelo.

Il senso di minaccia costante entra sottopelle, e si finisce per lottare tremare amare con Paula. Bere con lei, accarezzare i suoi figli. Cercare di uscire da quella porta. A un certo punto sembra di vedere tutto talmente nitido che si visualizza perfettamente il pronto soccorso, le facce delle infermiere, tutto. Mi è persino capitato di rivivere sottopelle alcune sensazioni del mio passato, ritrovare i caratteri di persone a me care, rivedere situazioni "forti" ancorchè fortunatamente diversissime e molto meno gravi di quelle descritte nel libro, ma altrettanto intense e importanti.

Era una bambina. Non la vidi nemmeno. L'ho chiamata Sally.

Brividi.

PS: Il buon Roddy, oltre i suoi altri libri strafamosi, ha scritto anche dei magnifici libri per ragazzi, da crepare dal ridere. Per chi non l'avesse ancora fatto, obbligatorio leggere i vari "Il trattamento Ridarelli", "Le avventure del frattempo" e, visto che siamo quasi a tiro, "Rover salva il Natale". Ma subito però. Scattare!

mercoledì 18 novembre 2009

lunedì 16 novembre 2009

sandwich man

Adoro le t-shirt. Ne ho un bel po', diciamo pure troppe, sicuramente molte di più di quanto sia possibile indossare durante una vita. Le trovo l'indumento che più di ogni altro parla, identifica chi la porta, lo descrive.Buona parte sono magliette di concerti, perché in molti casi è proprio dura tornare a casa senza il trofeo. La maglietta del concerto è più che una semplice t-shirt, è un ricordo della serata, un segno di distinzione ed appartenenza, e per questo non invecchia e guai a buttarla via anche quando le sue condizioni tendono al disastroso. Ma questo mamme e mogli difficilmente riescono a capirlo e bisogna tenere gli occhi sempre aperti per evitare che l'adorato esemplare del primo concerto dei Violent Femmes del '91 finisca nella rumenta.
Altre sono simili come concetto anche se meno legate ad un momento, e raffigurano situazioni o personaggi di film, libri, fumetti o comunque rappresentano interessi o pensieri che si ha l'urgenza di condividere con il mondo. Me ne torna alla mente una che non metto da una vita: una t-shirt nera del Dracula di Coppola, con disegni di Mike Mignola raffiguranti il Renfield mangiamosche interpretato sullo schermo da Tom Waits, sublime sintesi di tante mie passioni.
Per questo la scelta della maglietta da indossare la mattina è così importante: ci si sente come l'uomo-sandwich che deve scegliere lo slogan migliore per pubblicizzare sé stesso in quel particolare momento, per distinguersi e magari trovare lo sguardo compiacente di un'anima affine tra la folla. Perché diciamolo chiaramente: io con uno che portasse la maglietta, chessò, di Gigi D'Alessio sono sicuro di non avere niente da spartire. Aiuta a fare una prima fondamentale selezione.
Ultimamente mi sono preso qualche maglietta carina trovata su internet. A questo proposito segnalo due siti interessanti: uno è quello del negozio LimaLoca, qui a Gràcia, dove ho preso recentemente la mia samarreta dei Jackson Four che tanto successo ha riscosso qualche settimana fa; l'altro è un sito americano, Threadless, dove chiunque può iscriversi, disegnare, realizzare e vendere la propria maglietta interagendo con gli altri utenti. Ce ne sono alcune veramente carine. Enjoy.

dagli archivi/1: Torre Agbar vista dalla Gran Via, febbraio 2009

sabato 7 novembre 2009

Alan Ford di Magnus&Bunker di nuovo in edicola

Da questa settimana in edicola con (turarsi il naso, please) Panorama o Sorrisi e Canzoni TV, c'é la ristampa praticamente integrale dell'Alan Ford di Magnus&Bunker. Oggi ho preso il primo numero, ed é fatto bene: volumetti cartonati che raccolgono due storie in ordine cronologico, intro di Max Bunker che come sempre non perde occasione per autoincensarsi, e outro di Moreno Burattini che racconta la storia dei numeri pubblicati. Ovviamente il suggerimento é non perderselo, possibilmente trovando un edicolante che permetta di comprarlo senza l'orrida rivista berlusconiana.

Leggo AF da quando avevo 7 o 8 anni. Primo numero comprato: il 97 della prima ristampa, "Il pugno proibito". Fu amore a prima vista, ed era già l'Alan di Paolo Piffarerio. Ero piccino e divoravo fumetti, i Marvel soprattutto, in maniera disordinata e poco consapevole, ma tutti i personaggi del Gruppo TNT, dal Numero Uno a Bob Rock, passando per Alan, Grunf, Geremia e Cariatide, Il Conte Oliver, Cirano, Clodoveo e gli assurdi nemici - Superciuk su tutti - colpirono profondamente la mia fantasia, e l'ironia che permeava le storie mi entrò dentro letteralmente.
Poi anni di pausa, fino a che vidi in edicola (quella della stazione di Porta Vittoria, ancora aperta, tornando a casa da scuola con Simone in terza media) il numero 186 dal titolo "Il Numero Uno é morto!". Storia orrenda, nei pieni anni di declino del mensile, ma dal titolo evocativo che mi riportò di colpo alla mia passione: da allora non ho più perso un numero, mese dopo mese per più 25 anni (anche se ormai é solo collezionismo, brutta malattia). Magnus l'ho scoperto proprio cercando e collezionando gli arretrati di AF, e l'ho seguito appassionatamente in tutto il suo lavoro successivo, riuscendo anche ad incontrarlo in un paio di occasioni prima della sua prematura morte nel 1996. Era il più grande di tutti, senza discussioni. Una grande rivelazione anche come uomo, diversamente da Bunker che invece più di una volta é stata una delusione. Ma questo é un altro discorso.

Sono profondamente convinto che il primo Alan di Magnus & Bunker sia tra le mie principali influenze: se sono come sono, se ho sviluppato una certa mia ironia e interesse per il grottesco, per la satira, ma anche per l'attualità e per certo tipo di critica e pensiero indipendente, lo devo indubbiamente a Magnus e a Max Bunker e a quei primi 75 numeri di AF. Ora pare tornato di moda: una mostra a Lucca 2009, qualche comparsata come allegato a quotidiani e ora questa ristampa. Non é mai troppo tardi. Approfitterò dell'occasione per rileggermelo, e sono sicuro che mi ritroverò ancora folgorato come la prima volta.

protagonista del mio rientro: il riscaldamento (che non va)


martedì 3 novembre 2009

pintxos al Euskal Etxea, plaçeta Montcada, Born

è morta Alda Merini

non mi intendo di poesia.
ma la Merini ogni tanto mi capitava di incontrarla sui navigli, anni fa. la vedevo in tv, ascoltavo la sua incredibile storia, e mi sembrava un'anima talmente pura da abbagliare.


da una sua intervista del 1994:
«Io la vita l' ho goduta tutta, a dispetto di quello che vanno dicendo sul manicomio. Io la vita l'ho goduta perché mi piace anche l'inferno della vita, e la vita è spesso un inferno. Per me la vita è stata bella perché l'ho pagata cara.»

aveva persino un sito, utile a questo punto per riscoprirla. lo si fa sempre troppo tardi.
oggi vi si leggono queste parole:


(Sono una piccola ape furibonda.)
Mi piace cambiare di colore.
Mi piace cambiare di misura.

i funerali saranno di stato, in duomo, mercoledì 5 alle 14. fossi a milano ci andrei, si.

talenti

Credo davvero che ognuno nasca con un talento. Alcune persone hanno talenti artistici, generalmente i più ammirati. Altri hanno il talento di una mente matematica, o ancora talenti comunicativi, economici, sportivi, organizzativi, talenti di leadership naturale. Persino talenti di padri (o più spesso madri) di famiglia. E non credo che un tipo di talento sia necessariamente migliore o più apprezzabile di un altro, solo si tratta di campi differenti. In alcuni casi si tratta di situazioni evidenti, coltivate e potenziate, molto più spesso rimangono in ambito personale o poco più, molte volte nemmeno ci se ne accorge e si finisce per buttarli alle ortiche. Io ho realizzato da tempo qual è il talento che è toccato in sorte a me: quello per il disordine.
Quando ero piccolo non ero disordinato, anzi. Ero un precisetto, che andava a chiedere le carte delle caramelle dalle mani degli amici dei miei per buttarle via. Mi ricordo il cambiamento intorno ai primissimi anni di liceo, che a pensarci bene è il momento in cui la confusione regna sovrana ma anche quello in cui bisogna decidere della propria vita, del proprio futuro. E' il momento in cui si capisce cosa si vuole fare da grandi. Beh, insomma, non voglio esagerare a dire che io ho voluto essere disordinato. Questo no, avrei preferito essere un novello Jimi o un Woody Allen italiano, per dire, ma non si può scegliere il talento. Ho solo imparato ad accettare quel che mi è toccato in sorte e, diciamo, ad abbandonarmici.
Voglio dire, non è semplice. Il disordine è un'arte, a suo modo.
Creare cumuli di cose, che siano vestiti (già messi ma anche appena lavati, da stirare, e stirati), piatti, scarpe, libri, giornali, etichette, scontrini, zaini, medicine, raccolta ancora da differenziare, e chi più ne ha più ne metta, non è semplice. Crearli con un criterio, intendo dire. Se mi chiedeste ora quale sia questo criterio, beh, avrei qualche difficoltà a spiegarlo... Ma c'è. Altrimenti non troverei un certo piacere intrinseco nella creazione del Caos quotidiano, nè saprei così facilmente riportare tutto ad un'apparente (e temporanea) normalità.
Eh si, perchè a guardarmi si direbbe che io passi il tempo a creare disordine e a riordinare, in un processo di distruzione/creazione apparentemente senza fine. Questo accade a casa ma anche in ufficio, sulla scrivania e negli armadi, in macchina. E se devo essere sincero, appena dopo aver stato obbligato a riordinare (dal senso del dovere, dalla necessità di convivenza con altri esseri umani incapaci di cogliere la genialità, dal fatto che ogni tanto, ehm, mi spingo un po' troppo oltre) sento una sensazione di disagio, di disorientamento.
L'atto del riordinare, è bene precisarlo, consiste principalmente nel buttare via una quantità di cose per liberare spazio, impilare risme di carta, quaderni, appunti, e raggruppare le cose per categoria - o così cerco di raccontarmi. Il problema è quale categoria: perchè alla fine questo fare ordine spesso è solo rinunciare al proprio criterio per sottostare a quello di altri. E ovviamente è quello il momento in cui davvero inizio a perdermi.
Si potrebbe dire che più che un talento sia uno stato di confusione, pratica e mentale. In effetti a guardare un po' più in grande (per dire, la mia vita), non sarebbe difficile sostenere questa tesi. Ogni tanto non ritrovo me stesso, tanto quanto non trovo il biglietto della metro e lo ricompro, e ancora, e ancora. Ma alla fine i biglietti saltano fuori tutti, e mi ritrovo con 40 corse pagate. Lo stesso è per la mia testa, confido sempre che alla fine tutto torni al suo posto. Le mie giornate, i miei anni, non sono altro che creazione e distruzione, e tentativi più o meno riusciti di "riordinare".
In fondo sono un tipo coerente.