venerdì 23 aprile 2010

Sant Jordi sulla Rambla

the day of books and roses

Mi permetto di parafrasare il titolo di un disco a me caro (là c'era il vino al posto dei libri) per descrivere il giorno di oggi, 23 aprile, Sant Jordi, patrono di Catalunya.
Della leggenda di San Giorgio che uccide il drago più o meno tutti siamo a conoscenza. Quello che non sapevo è che il famoso ammazzamento avvenne proprio qui, precisamente a Montblanc nella Conca de Barberà; almeno nella versione catalana della storia. Dal sangue del drago nacque un roseto magnifico, e per questo il giorno di Sant Jordi è il giorno delle rose e degli innamorati.
Da qualche anno nella stessa data si celebra anche la giornata mondiale del libro e dei diritti d'autore; leggo su internet che il 23 aprile è anche la data della morte di Cervantes e non so se sia un caso o meno.
Per farla breve, oggi tradizione vuole che gli uomini regalino una rosa alle donne e vengano ricambiati con un libro. Ieri sera ho fatto un salto alla fnac e in effetti c'era una ressa allucinante di gente che comprava libri a mani basse; non so come sia la situazione nei negozi di fiori.
Credo che mentre scrivo in città si stiano svolgendo varie manifestazioni legate a questa ricorrenza (stranamente non è festa: qui ogni occasione è buona per starsene a casa dal lavoro); tra le altre cose c'è ingresso libero al Palau de la Mùsica, sulla Rambla ci sono frizzi lazzi e cotillons e in giro per tutta la città bancarelle di fiori e libri con bandiera catalana d'ordinanza.
É una di quelle occasioni in cui si crea una bella atmosfera di festa e di cultura, e che mi stanno facendo amare questa città. L'anno scorso ero in Italia; all'uscita dall'ufficio cercherò di fare un salto a dare un'occhiata in centro, e a respirare un po' di quell'aria.

lunedì 19 aprile 2010

Passeig de Gràcia 72, Eixample

tutti in piedi: i Sonic Youth

Quando passano dalle mie parti i Sonic Youth, dopo così tanti anni, ho sempre il dubbio: vado a vederli suonare anche stavolta o passo? Alla fine, per fortuna, anche stavolta la ragione ha avuto il sopravvento: torno ora dal Razzmatazz, dove ho assistito al mio quinto concerto della (ex) Gioventù Sonica, il secondo a Barcellona dopo il Primavera Sound Festival dell'anno scorso. E che grande concerto, nella mia memoria rivaleggia col primo che - si sa - non si scorda mai: era il '92, al Rolling Stone di Milano (ah! il Rolling Stone! non ricordo se al suo posto ci faranno un supermercato o qualcosa di simile: povera Milano), tournée di Dirty con i primissimi Pavement gruppo spalla. Sticazzi.

Stasera ho assistito a una sorta di greatest hits, con un attacco da brivido (Candle, Bull in the Heather, Catholic Block) e dei bis antichi straordinari (Tom's Violence e Shadow of a Doubt, da sempre tra le mie preferite, appena prima di Death Valley 69 e appena dopo un'estenuante Expressway to Yr. Skull: siamo dalle parti del 1985-87, se non sbaglio).
In mezzo i Sonic Youth potentissimi di sempre, ma decisamente più compatti e aggressivi rispetto alle ultime uscite, con una gran voglia di suonare e divertirsi.
Certo, parlando di loro la parola "divertimento" assume contorni un po' diversi: feedback, distorsioni, code chitarristiche senza fine, rumore. Alla fine non ci sentivo più, ma mai timpani furono immolati così volentieri.
Kim Gordon, a 58 anni, è in spettacolare forma, musicale e fisica. Thurston Moore sembra sempre il ragazzino allampanato di 25 anni fa, con quella sua frangiona bionda uguale da sempre. Lee Ranaldo secondo me ha una gran voce ed è sempre molto cool con quel ventilatore che gli spara via i capelli sempre più bianchi. E a Steve Shelley solo una domanda: come diavolo fai????

Gran bella serata questa: i Sonici ciliegina sulla torta dopo la vittoria della Roma nel derby (daje!), e volo per Milano di domattina all'alba cancellato causa nube di cenere islandese. Posso andare a nanna soddisfatto, aspetttando che passi il fischio nelle orecchie.

domenica 11 aprile 2010

lo spirito di Gràcia

la Squadra Perfetta

Ieri sera ero in un bar vestito di blaugrana a vedere il Clàsico, Real Madrid-Barça: l'ennesima sfida tra le due squadre più blasonate del calcio spagnolo, ma anche lo scontro tra le due capitali (politica ed economica, un po' la Roma-Milano di Spagna), tra Spagna centralista e Cataluña, tra due maniere radicalmente diverse di vedere il calcio.Anche prima di venire a vivere qui ho sempre tifato Barça. L'ho sempre vista come una squadra affine al mio Milan, quello di Sacchi, quello che non giocava "all'italiana" ma scendeva in campo per vincere e dare spettacolo, che cercava di fare un gol più dell'avversario piuttosto che chiudersi dietro e fare il golletto. Nel corso degli anni molti giocatori sono passati da noi a loro e viceversa, primo fra tutti Frankie Rijkaard che da allenatore ha fatto grandi i blaugrana prima di Guardiola; noi ci siamo presi per lo più pippe o ex giocatori (Rivaldo, Zambrotta e Dinho) ma alcuni li abbiamo anche rifilati a loro (come dimenticare Reiziger e Bogarde!). Il Real mi è sempre stato sulle scatole, come la Juve: la squadra arrogante che si crede superiore dall'alto dei suoi molti scudetti, piena di campioni spesso antipatici e di dirigenti sopra le righe.

Ora abito di fronte al Camp Nou, e da quando sono qui il Barça di Pep Guardiola ha vinto tutto quello che poteva vincere e ha dato spettacolo come poche squadre che ho visto giocare in vita mia. Ieri sera andava a Madrid contro una squadra costruita a tavolino per vincere tutto a suon di centinaia di milioni di euro: pari punti, peggiore differenza reti. Si rischiava, sulla carta. E invece, dopo il 6-2 dell'anno scorso, un'altra mazzata e un'altra lezione di gioco e di stile all'insopportabile Cristiano Ronaldo e alla politica di Florentino Perez: 2-0, Messi e Pedro uno per tempo, e tutti a casa. E' stata una festa, l'ennesima.
Il Barça è la Squadra Perfetta: costituita per la stragrande maggioranza di giocatori della cantera, il settore giovanile che ha sfornato campioni come Xavi e Iniesta, Puyol e Piqué, Victor Valdes, i giovani Pedro, Bojan, Busquets. Lo stesso incredibile Messi, che è qui da quando aveva 12 anni. Una squadra umile e unita, al contrario del borioso Real, mai polemica, sempre rispettosa degli avversari. Con un allenatore gentile, un signore rispettato da tutti, giocatori, tifosi e avversari. Una squadra spettacolare, con un'organizzazione di gioco mai vista in vita mia, che raramente finisce una partita con meno del 65% di possesso palla e avendo creato meno di 15 occasioni da gol.

Diciamolo, da milanista sconfitto e intristito: il Barça è quello che era il Milan un tempo e che da molti anni non è più. Anche noi avevamo un settore giovanile strepitoso e l'abbiamo fatto morire; anche noi avevamo uno stile che non abbiamo più (almeno in campo, perchè la società era quella che era anche allora, vedi Marsiglia), anche noi grazie ai nostri allenatori facevamo campagne acquisti intelligenti e vincenti e avevamo la mentalità di un calcio spettacolare e offensivo, nonostante gli invidiosi cugini interisti lo neghino e tirino sempre fuori la storiella di Massaro che segnava al 90'. Ora siamo una squadra triste e impotente, senza quasi un'identità, un'armata brancaleone formata da quelle vecchie glorie che hanno fatto storia ma che ormai piacciono solo al nostro megalomane presidente di plastica e cerone. Abbiamo un allenatore capace, una brava persona come il Pep e che per questo immagino se ne andrà presto come i pochi giovani di valore che ci sono rimasti ma, grazie a una società che ci sta prendendo per i fondelli da anni, non possiamo far altro che sperare che la Roma di Ranieri, persona seria e misurata, vinca lo scudetto contro l'Inter di Sua Insopportabilità Mourinho. E che naturalmente il Barça rifili 8 pere alla seconda squadra di Milano nelle semifinali di Champions. Triste ammetterlo, ma è così.

martedì 6 aprile 2010

la nuova famiglia tecnologica, seconda puntata: il FIGGHIU torna a casa

é chiaro che i problemi di collegamento a distanza descritti qui non sono gli unici che si vengono a creare nelle nuove famiglie separate da molti chilometri di distanza nella vita reale ma uniti a doppo filo in quella virtuale. il FIGGHIU EMIGRANTE è infatti ignaro di quello che combina la FAMIGGHIA in sua assenza, ma tutti i nodi vengono al pettine durante i suoi periodici ritorni a casa: quando cioè viene tempestato di richieste su programmi da installare, stampanti da configurare, istruzioni da impartire su "come si fa" quella certa cosa, e chi più ne ha più ne metta.

prima regola: per non scoraggiare il FIGGHIU i genitori preferiscono tacere le varie richieste di aiuto tecnologico fino all'ultimo istante utile. solitamente è solo dopo un lauto pasto e amabili chiacchierate, proprio quando sta per raccogliere le sue cose e andarsene sgattaiolando furtivo, che si sente rivolgere la temuta frase "prima che tu vada dovresti spiegarmi SOLO UN MINUTO come faccio a...". e di volta in volta si ritrova inesorabilmente risucchiato in lezioni su come creare una cartella, come salvare le foto del cellulare, come archiviare gli allegati di una mail e via dicendo. quello che rende complicate queste spiegazioni è l'impossibilità di utilizzare il lessico appropriato, dato che la FAMIGGHIA, autodidatta in campo tecnologico, ha probabilmente già imparato a entrare come hacker nel sito della CIA ma ancora ignora il significato di parole chiave come "file" o "scaricare".

seconda regola: il genitore difficilmente prende appunti se non obbligato sotto tortura dal figghiu, e se li prende li archivia in luoghi remoti e inaccessibili, tanto da non poterli più utilizzare. ragion per cui la spiegazione su (ad esempio) come creare una cartella potrà ripetersi più e più volte nel corso del tempo.

terza regola: il genitore si mostra insofferente alle spiegazioni dettagliate, cercando sempre di optare per una scorciatoia ritenendo inutili troppe parole. probabilmente ha ragione lui, ma spiegare scorciatoie senza poter utilizzare le parole chiave non è delle imprese più facili ("sposta il file..." "che cos'è un file?" "...")

quarta regola: sul più bello, ormai alla terza ora consecutiva di installazioni e pseudolezioni informatiche e in vista della dirittura d'arrivo, ci si trova nella seguente situazione:

hanz: "ok, ci siamo quasi. ora colleghiamo la stampante e abbiamo finito. mi dai il cavo USB?"

genitore di hanz: "quale cavo? qui non c'è niente! se c'è è nel terzo cassetto con gli altri fili"

gli altri fili in questione sono per lo più decine di cavi di ricarica di cellulari in disuso da anni, cuffie di vecchi walkman, ma ovviamente del cavo USB che serve nemmeno l'ombra.

quinta regola: il senso di colpa. assistendo il FIGGHIU ormai stremato dalle operazioni in corso, il genitore non smette di ripetergli frasi del tipo "mi dispiace, magari avevi da fare!" "certo che oggi è una bella giornata, avresti potuto uscire coi tuoi amici" "mi dispiace...... lascia perdere, vai (nel bel mezzo dell'installazione di un programma)" "mi sento in colpa perchè alla fine non sei andato da nessuna parte".

un classico di sempre, insomma: cornuto e mazziato!

ma in fondo, sotto il baffo un po' innervosito, si finisce per apprezzare la soddisfazione del genitore al termine del proprio lavoretto. tanto che il prossimo natale o per il prossimo compleanno si finirà per regalare un monitor, una stampante o qualche altro articolo informatico che toccherà sistemare prima o poi (sesta regola: il masochismo del figlio)...

S. Andrea