martedì 13 ottobre 2009

"I just hate to be me"


Ho appena visto Mark Eitzel accompagnato al piano da Marc Capelle al Heliogàbal di Gracia. Avevo letto ottime recensioni dei concerti inglesi dei giorni scorsi, e mi aspettavo la solita grande intensità di sempre. Invece mi trovo a parlare di tutt'altra serata. Di un cantante bolso, vestito come un barbone, ubriaco, che parla fin dall'inizio della troppa Cava bevuta, e che gioca molto, troppo, col ruolo del loser, del povero artista incompreso, dello sconfitto dalla vita. E lo fa nel modo peggiore: ridendo, scherzando grevemente con un pubblico dapprima divertito e via via sempre più sconcertato, interrompendo di continuo le canzoni, stravolgendole e svuotandole di significato. Lou Reed direbbe "sono le mie canzoni e ne faccio quel che mi pare", e in effetti chi sono io per giudicare. Ma qui si trattava di un'altra cosa, Mark non é strafottente come Lou, non ne é capace, si scusa col pubblico, sa di non dare un bello spettacolo di sé. Ma continua, togliendo intensità alle sue splendide e profonde canzoni, ridacchiando mentre racconta di un amico morto di AIDS, compiacendosi di questa sua pessima vena.
Marc Capelle all'inizio é (quasi) nelle sue condizioni, traduce in spagnolo maccheronico quello che dice il suo cantante e lo sostiene ("Mark Eitzel es un oso") ma il divertimento finisce subito. In seguito sarà proprio Capelle a capire per primo che si sta andando un po' troppo in là, cercando di riportare lo spettacolo su binari di dignità. E oltre. Certo, perché quando si ricorda di essere lì per dare il meglio di sé anziché il peggio, Mark riesce finalmente a emozionare come solo lui sa fare. Così, dopo aver massacrato, tra le altre, Last Harbour, Mission Rock Resort e Johnny Mathis' Feet, Eitzel e Capelle ci regalano una The Thorn in My Side Is Gone da brividi, e poi Patriot's Heart, No Easy Way Down ("this song is about how I will feel tomorrow morning when I'll try to get up") e addirittura una Gary's Song (con Franz Nicolai al banjo) che sa di beffa: vedere Mark cantare "If you drink too much you will drown" con l'ennesimo bicchiere di rosso in mano fa venire i brividi ma mette una grande tristezza.

Alla fine di tutto, Mark ci dice che é colpa nostra, di noi spagnoli che abbiamo cibo e soprattutto vino troppo buoni. Quanto a lui, "I'm only a man", ci ripete. Forse ha ragione, e la serata a tratti penosa a cui abbiamo assistito é solo un episodio, e a chi non capita alzare un po' troppo il gomito ogni tanto. Forse. Ma sentirlo dire "I just hate to be me" e vederlo come stasera, beh, questo mi ha fatto molto male.

4 commenti:

  1. tante volte ti prendo per il culo per i tuoi gusti musicali.
    ma quando la musica è così importante..
    chapeau!

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  2. non era tanto la musica in questo caso, quanto l'uomo.
    e credimi, è un grande uomo e un grande poeta.

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  3. ma per ma la "mòsica" (ieri ho visto "gli onorevoli"e quindi la citazione è d'obbligo) non è solo una serie di note che si susseguono.
    è emozione.
    è fare il duck walk di bistecca giovane a 14 anni per farsi notare dalle ragazze (capito xkè non ho mai battuto chiodo?) oppure raccontare di quella volta che hai parlato con dave grohl prima che diventasse DAVE GROHL..
    boh, cose così.
    e quindi capisco, non è solo la "Mòsica",

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  4. capisco l'amarezza: si sa che gli artisti sono più umani «degli altri» (non più inossidabili, nonostante la capacità di esibirsi in pubblico), e che quello che riescono a dare viene proprio dalla capacità di non seppellire lacerazioni profonde, però ci si affeziona tanto che vederli davvero infelici ti strazia.

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