lunedì 20 giugno 2011

Rosa rosae

La prima lezione del corso di fotografia dovetti saltarla causa cena di lavoro. S. mi fece un riassuntino, e a margine mi disse che tra i compagni di corso c'era una ragazza carina. Il lunedì successivo cercai tra i vari volti chi potesse essere. Non trovai nessuna bellezza particolare; incontrai piuttosto uno sguardo che mi colpì, e tempo dopo S. mi confermò che era della stessa ragazza di cui mi aveva parlato lei.
Il suo era uno sguardo dolce e timido, spesso accompagnato da un sorriso appena accennato a seguire i discorsi della prof o di qualche altro compagno di corso. Molto raramente accompagnato da parole: poche quelle pronunciate, praticamente solo quando c'erano da commentare le sue foto e difficilmente per partecipare alle discussioni del gruppo.
Quando il sorriso si spegneva, quello sguardo si tingeva di una vena di malinconia, e ogni tanto si perdeva da un'altra parte, forse in pensieri lontani, forse più vicini di quanto potesse pensare. Occhi viaggiatori, in tema con il corso, e chissà se si trattava di un percorso piacevole o tormentato. Sempre seduta allo stesso posto tutte le volte che ci siamo trovati nell'aula della Sedeta, vicino alla porta in modo da poter sgattaiolare fuori per prima alla fine, spesso senza neanche un adeu.
Anche durante le uscite si appartava a fare le sue foto, a volte camminava con il gruppo ma sempre con quel suo altero distacco e quel suo sguardo sognatore: un sorriso, una parola sussurrata e poi via, solitaria sui suoi passi. Zaino in spalla, macchina fotografica in mano, e quegli occhi a cercare forse un soggetto per la prossima foto, forse qualcos'altro.
Sabato mattina, pensavo, avrei trovato un argomento di discussione: l'obiettivo, la luce delle 9 di mattina, il prossimo viaggio, chissà. Ma sabato non c'era. L'ultima possibilità di rompere il ghiaccio era quindi stasera: avevo pronta la proposta di prenderci una birra per la fine del corso, tutti insieme, e per poi vedere come sarebbe andata. Ma poi l'ho vista lì, seduta al "suo" posto, silenziosa più del solito senza nemmeno le foto di sabato da commentare: lo sguardo fuggiva verso la sua destinazione, più assorto che mai, solo qualche sorriso dolce a sottolineare la simpatia della prof, e poi via verso i propri lidi misteriosi. Era perfetto così, qualsiasi parola sarebbe stata di troppo: mi sono tenuto per me la mia proposta.

Credo si chiamasse Rosa. O forse no, da igual. Alla fine della lezione é sgattaiolata fuori per prima, senza neanche un adeu.

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