martedì 15 febbraio 2011

strani incontri e vite virtuali

Sabato rientrando a casa ho incrociato un ragazzo africano davanti al cancello di casa. Vedendomi ha iniziato a sorridermi chiamandomi "africano bianco": visto il mio stupore, mi ha chiesto se lavoravo lì vicino.
"No - gli ho risposto -, credo tu mi abbia scambiato per qualcun altro."
Ci siamo stretti la mano, mi ha chiesto come mi chiamo. Io Hanz; il suo nome l'ho dimenticato all'istante. Questa cosa mi capita sempre, anche quando mi presentano qualcuno: sono totalmente incapace di ricordare un nome la prima volta che lo sento. Il che crea situazioni di imbarazzo: c'é una seconda opportunità al massimo, poi il tempo per richiedere il nome scade; non puoi chiedere "Come hai detto che ti chiami?" ore dopo che parli con una persona. E dio sa quante volte vorrei poterlo fare.
Ma sto divagando. Il ragazzo senza nome mi chiede se sono mai stato in Africa. Lui é senegalese, e oggi é felice perché sua moglie ha partorito il loro primo figlio. Per testimoniare la sua allegria tira fuori dalla borsa un elefantino di legno e me lo mette in mano. Io cerco di rifiutare il dono ma lui insiste: non vuole niente in cambio, dice, perché é semplicemente felice di essere padre e vuole condividere la gioia con me.
"Tu sei sposato?", mi chiede. E a quel punto, non chiedetemi perché, gli ho risposto di si. Forse perché a rispondergli no temevo di rovinare la sua felicità, chissà. Per giustificarmi mentre quelle parole mi uscivano dalla bocca, mi dico "in fondo tecnicamente lo sei ancora per circa un mese...". Ho un sussulto di sincerità e alla domanda successiva rispondo che no, ancora niente figli. Ancora...
Un altro sorriso, e un altro regalo, stavolta per mia moglie: una tartaruga di legno. La sua generosità non ammette rifiuti.
Gli faccio ancora le congratulazioni, lo ringrazio e lo saluto, facendo cenno di entrare nel portone. A quel punto mi chiede qualche spicciolo, ma io mi rendo conto di avere poche monete e una sola banconota: da 50 €. Gli do tutte le monete che ho e mi scuso. Chiede se non ho 5 euro. O 10. Gli dico che ho solo 50. A quel punto tira fuori 45 euro di resto e me li porge. "Stasera devo fare una festa", dice col suo sorriso. E se ne va, lasciandomi lì sulla soglia di casa tra lo stupito e l'ammirato.
Non so se quel figlio sia nato davvero oppure no; preferisco credere di sì. L'elefantino e la tartaruga, in ogni caso, da sabato sono esposti sulla mensola in salotto.

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