mercoledì 25 novembre 2009

ho deciso

Roddy Doyle batte Nick Hornby tra i miei scrittori preferiti, e da oggi so perchè: Hornby ha fatto grandi cose, da Alta Fedeltà in giù, ma non ha mai scritto "La donna che sbatteva nelle porte".
Mi mancavano 100 pagine, le ho divorate sul volo per Bruxelles uscendone stordito per la loro violenza e la loro bellezza assoluta.
Paula Spencer è un personaggio indimenticabile, e forse già lo sapevo da tempo, visto che la copertina di questo libro (e il suo titolo) mi hanno sempre attirato; per motivi strani, visto che ho sempre adorato Doyle, mi sono deciso a leggerlo solo ora, ed è il più bel libro che mi sia capitato di leggere negli ultimi anni.

Non esistevo.

Inizia subito con un poliziotto che bussa alla porta, il racconto della disgraziata vita di questa donna irlandese di 39 anni, con 4 figli e un marito violento e amatissimo. E le prime 150 pagine pian piano scoprono le carte, giocando sui feedback e l'alternanza di emozioni, delineando il carattere straordinario di Paula e molti tratti tipici dei personaggi di Doyle (e di Hornby a mio parere, ragion per cui spesso e volentieri accomuno i due scrittori): caparbietà, simpatia contagiosa, schiettezza, faccia tosta e una buona dose di sfiga.

Sarò io, tra poco, ma non ancora.

Fino ad arrivare al centinaio di pagine finali, che sono un vero e proprio pugno nello stomaco, un crescendo di drammaticità e di situazioni (insostenibili perchè vere) raccontate confusamente ma coraggiosamente da Paula stessa, come in un vortice di flusso di coscienza che mi ha travolto. La mente di Paula via via si fa consapevole della situazione e allo stesso tempo si autoannulla per resistervi; lo stile narrativo le va dietro, limpido e netto quando può permettersi di farlo, nebuloso, ripetitivo e tagliente quando l'alcool e le botte lo rendono così.

Chiedetemelo chiedetemelo chiedetemelo.

Il senso di minaccia costante entra sottopelle, e si finisce per lottare tremare amare con Paula. Bere con lei, accarezzare i suoi figli. Cercare di uscire da quella porta. A un certo punto sembra di vedere tutto talmente nitido che si visualizza perfettamente il pronto soccorso, le facce delle infermiere, tutto. Mi è persino capitato di rivivere sottopelle alcune sensazioni del mio passato, ritrovare i caratteri di persone a me care, rivedere situazioni "forti" ancorchè fortunatamente diversissime e molto meno gravi di quelle descritte nel libro, ma altrettanto intense e importanti.

Era una bambina. Non la vidi nemmeno. L'ho chiamata Sally.

Brividi.

PS: Il buon Roddy, oltre i suoi altri libri strafamosi, ha scritto anche dei magnifici libri per ragazzi, da crepare dal ridere. Per chi non l'avesse ancora fatto, obbligatorio leggere i vari "Il trattamento Ridarelli", "Le avventure del frattempo" e, visto che siamo quasi a tiro, "Rover salva il Natale". Ma subito però. Scattare!

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