sabato 2 gennaio 2010

Mc Curry is god

Finalmente sono riuscito a vedere "Sud-Est", la mostra di fotografie di Steve McCurry al Palazzo della Ragione, in extremis prima di ripartire. Dire che mi è piaciuta moltissimo è poco. Da lettore e abbonato del National Geographic ho imparato a conoscere il lavoro di Mc Curry, che indubbiamente è uno dei fattori che mi sta spingendo a interessarmi sempre più di fotografia.
La mostra è a mio parere molto ben organizzata e strutturata, con le foto disposte in "alberi" tematici ("l'altro", "guerra", "infanzia", "gioia", "silenzio" e "bellezza") che permettono di apprezzare bene l'organicità del lavoro del fotografo americano.
Mi è parso uno di quei momenti (a differenza della mostra di Hopper vista ieri) in cui l'allestimento ha dato qualcosa in più alla già spettacolare qualità delle opere esposte: una circolarità non solo nell'organizzazione degli spazi, un gioco di luci ombre e riflessi che si somma a quello delle fotografie stesse.
Quello che colpisce di più sono i colori, i movimenti, gli sguardi. Gli occhi penetranti delle persone ritratte - bambini, ragazzi, anziani, quasi tutti appartenenti a Paesi e situazioni disastrati, e in cui si rincorrono dolore, disperazione ma anche serenità, orgoglio, gioia di vivere. Desiderio di futuro, in un presente che spesso toglie la speranza. E la capacità quasi soprannaturale del fotografo di cogliere
l'attimo e la sua emozione, e di raccontare una storia, La Storia, nell'unico modo e nell'esatto momento in cui questa chiede di essere raccontata.
In questo percorso Mc Curry è testimone della quotidianità delle popolazioni del Sud-Est del mondo: Tibet, India, Cambogia, Bolivia, Afghanistan, Pakistan, l'Irak della prima guerra del Golfo con i suoi pozzi in fiamme ma anche la New York dell'11 settembre 2001. E in ogni fotogramma, in ognuno degli istanti raccontati in queste foto, c'è la vita che continua, spesso crudele nella sua brutalità, a volte insostenibile. Un gioco di bambini, lo sguardo di una ragazza, un paesaggio da sogno, possono bastare a far riaffiorare la speranza: la bellezza salverà davvero il mondo?

2 commenti:

  1. "l'Irak della prima guerra del Golfo con i suoi pozzi in fiamme"

    era il kuwait
    :-)

    RispondiElimina
  2. hahaha, hai ragione!
    faccio sfoggio di onestà intellettuale e non correggo il post, lasciando la mia ignoranza a imperitura memoria.

    RispondiElimina